Flavio Oreglio festeggia i suoi trent’anni di attività artistica con una performance sull’arte del sorriso e le sue implicazioni sociali, politiche, scientifiche e storiche. Il titolo vuole essere un tributo simultaneo a Cartesio (“Discorso sul metodo”) e Petrolini (“Discorso dell’attor comico”), simboli dei grandi amori di Oreglio, scienza/filosofia e cabaret. Due discorsi che diventano uno. Il percorso narrativo dello spettacolo affronta l’essenza dell’arte del ridere attraverso l’analisi delle dinamiche per esercitarla e delle motivazioni che spingono i cultori a metterla in atto. Riflessioni semplici e ad ampio spettro dalle quali emergono aspetti singolari e divertenti. È un discorso comico sul comico. Comicità al quadrato. L’inatteso, l’inaspettato e l’elemento-sorpresa, quello che i greci chiamavano “aprosdoketon”, costituiscono l’intima essenza di quel gioco mentale che è il ridere. Perché senza sorpresa non si ride mai. Tuttavia, ridere può voler dire tutto o niente, può essere solo un gioco fine a se stesso o trasformarsi in uno strumento al servizio del libero pensiero. Alla base restano sempre le scelte che un artista fa e le motivazioni sulle quali decide di costruire l’edificio della sua arte. Perché in fondo, come sostiene lo stesso Oreglio: «La satira e l’umorismo non sono altro che vestiti del pensiero». Ovviamente, non bisogna dimenticarci che per vestire il pensiero occorre che un pensiero esista.